Poeta, pittore, compositore, cantautore, designer, regista: è l'incarnazione della "monotonia del posto fisso". Franco Battiato è l'alieno della musica italiana. Nasce nel beat, tocca l'elettro-acustico e rock d'avanguardia, si esalta nel pop, sfiora la musica sacra, sconfina nella lirica: un'intero blog non basterebbe per descrivere il suo pensiero musicale nè tanto meno i suoi testi mistico-filosofici. Scompare e riappare sul palcoscenico artistico, ogni volta lasciando un'impronta, un segno che afferma che è presente ancora. La sua musica è intramontabile e continua, a differenza di molti suoi coevi colleghi, a rapire e ad emozionare anche chi, negli anni '80, non era ancora in grado di apprezzarlo, perchè neanche nato.
Ma qual'è il suo segreto? Perchè oggi tutti ci ritroviamo all'improvviso a cantare <<gesuiti euclidei>>? La risposta è semplice. Perchè le armonie di Battiato appartengono ad universi paralleli, di cui solo lui conosce e comprende il significato, facendo a noi assaggiare solo piccole pillole: se tutta la canzone italiana fosse simile nei suoni e nei testi a quella del cantante siciliano, ne saremo stufi, sazi, non ne apprezzeremmo la bellezza. Di qui il mio desiderio di ricostruire della sua vita artistica la prima parte che, a dispetto di qualsiasi etichetta, si scompone in più rivoli di sottoperiodi musico-culturali.
E' un giovane ventitreenne, sbarcato dalla Sicilia a Milano, quello che si presenta al Disco per l'estate del 1968 con il brano "Bella ragazza", una canzone romantica-beat (presentata forse per accontentare qualcuno, viste le precedenti acerbe canzoni di protesta), che oltre a non piacere allo stesso cantante non piace neanche all' italiano "pubblico balneare". Da questo momento il nostro comprende che quel tipo di musica non è per lui: non vuole ricercare il consenso o premi, preferisce essere portatore di proprie istanze artistiche, anche con il rischio di non piacere. Inizia il suo periodo elettro-acustico, rock sperimentale e d'avanguardia per l'epoca che lo accosta alla musica dell'allora underground americano. Ma i testi presentano un carattere intellettuale, mistico, orientale, frutto di uno studio del pensiero culturale medievale. Questo è trasfuso in "Fetus" (con la copertina che verrà censurata), "Pollution", "Sulle corde di Aries" e "Clic", tutti album dei primi anni '70, dove Battiato utilizza dapprima chitarre, batterie, bassi con sintetizzatori acustici, per poi abbandonarli in favore del colore di strumenti a fiato , violoncelli e pianoforte. Il risultato è da forte sequestro mistico. La sua voce sembra provenire dall'esterno, ma per non riportarti nella realtà delle cose ma per confondere ancora una volta i sensi. La sua musica è, però, ancora per pochi, non capita, troppo nuova per l'Italia delle canzonette (e forse ancora oggi così).
Figlio di uno spirito poliedrico, il cambiamento si ha con "L'era del cinghiale bianco" e "Patriots" (grazie anche alla forte sinergia con Giusto Pio): i brani iniziano ad avere un'anima pop, a divenire orecchiabili ma non ancora commerciali. Ritroviamo i bassi e le chitarre elettriche, la batteria accompagnate dal pianoforte e violino, la voce in falsetto marchia di malinconico i testi sempre più intellettuali. L'uso delle parole è sconnesso, alcune rimangono sospese in frasi senza senso: è lo "stile Battiato", una nuova lingua italiana. La svolta è alle porte ed ecco "La voce del padrone", il suo capolavoro. La musica è ancora pop ma si ritrova tutto il suo stile precedente new wave, elettronico, punk. I testi sono ironici e autoironici, denunciano, criticano, prendono in giro tanto colleghi artisti quanto la realtà sociale italiana, ma sono intellettualmente colti, ricchi di citazioni classiche e richiami al sovrannaturale. Il pubblico risponde comprando più di un milione di copie, posizionandolo nella classifica degli album più venduti, ininterrottamente dalla primavera del 1981 fino all'autunno. Non poteva non essere così: Battiato arriva a comporre un'opera che soddisfa tutti i gusti, dall'elitè culturale al cosiddetto "popolino", non lesinando ad alcuno toni di irrisione. Ma tutti si ritrovano a cantare "Bandiera bianca" e "Cerco un centro di gravità..".
Ma il successo non gli fa montare la testa e il suo sound, pur ancorandosi agli ingredienti melodici de "La voce del Padrone", inizia a cambiare fino ad un nuovo periodo artistico che albeggia con "Come un cammello in una grondaia" del 1991. In questo periodo le collaborazioni (sempre con Giusto Pio ma anche con Giuni Russo, musa e sua corista) e la nascita di suoi "figli artistici" (come Alice) non mancano. Ormai è destinato ad essere un protagonista, seppur in modo alternante a alternativo della musica italiana.
Il disco che, però, preferisco (da controcorrente quale sono) è " Mondi lontanissimi". Le melodie di "No time, no space" o "I treni di Tozeur" sono da ascoltare in totale silenzio, in solitudine, ad occhi chiusi, perchè provocano sensazioni allucinogene ed emozionali: basta lasciarsi andare alle vibrazioni che provengono dai suoni sintetizzati e dai cori maschili, dai toni profondi, o femminili, dall'anima lirica. L'apoteosi è con "L'animale": il testo è di chi vive un eterno dissidio interiore e la propria anima lascia il posto ad un altro essere vivente che rende schiavi e si nutre, annientando se stessi, delle proprie passioni.
Eh si, Battiato: another race of vibrations.
Davide

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